Published on Aprile 26th, 2014 | by Antonio Tortolano

#Sanremoperforza: Megamusic intervista Alessandro Errico

Il pubblico lo aveva apprezzato negli anni 90 con Il grido del silenzio, un successo notevole seguito all’esperienza in tv ad Amici, quando il programma della De Filippi era ancora un talk show. Alessandro Errico, dopo diversi anni torna sulla scena musicale con Il mio paese mi fa mobbing, un pezzo decisamente forte, denso di significati attuali e con un monito preciso. Alessandro Errico ha fatto parlare molto di sè durante la recente kermesse sanremese. Pur non essendo stato selezionato dalla commissione con il suo brano, il cantautore romano ha lanciato l’iniziativa #Sanremoperforza, una provocazione, ironica e sarcastica che, come ci racconta l’artista nell’intervista ci ha rilasciato, ha ottenuto un forte eco facendo molto parlare di sè, raggiungendo l’obiettivo che si era prefissato. Alessandro ci parla del suo nuovo progetto con delle riflessioni sull’attuale momento della nostra società e della discografia…

Alessandro, come ci si sente a tornare a Sanremo dopo 17 anni e vincere?!

E che ti devo dire? Ovviamente non me l’aspettavo! Mi viene in mente un filosofo greco, Biante, che diceva“cerca di vincere i tuoi nemici con la persuasione, non con la forza”. Speriamo solo di non fare la sua fine (era uno straordinario oratore ma fu trovato morto dopo aver difeso e fatto assolvere un suo amico)! Scherzi a parte, l’obiettivo era appunto persuadere e convincere quante più persone possibili che la musica (e Sanremo) non sono zone franche dove si può parlare SOLO d’amore. Esiste anche un’altra realtà come tutti, per fortuna o purtroppo, sanno bene. E se con la mia piccola operazione sono riuscito a far passare questo concetto, allora si può dire che ho vinto davvero.

Scherzi a parte, come mai, secondo te, un pezzo attualissimo come “Il mio paese mi fa mobbing” non è stato preso in considerazione?

Ovviamente posso solo fare congetture: non parlava d’amore, gli ha fatto schifo, l’avranno sentito o meno, magari il Presidente della Repubblica ha chiamato Fazio e ha messo il veto, che ne so?!? Il fatto è che sta nelle cose che mandi una canzone a una selezione e non te la prendono. In fondo se io dovessi scegliere un cast per Sanremo probabilmente farei scelte radicali perché vorrei dare al “mio” Festival una linea precisa, cioè la mia che ho l’onore di dirigerlo. Onòre e ònere però: se poi faccio scelte assurde ci sta anche che qualcuno quelle scelte le contesti. E a me un festival “di genere”, tutto sentimentale, mi sembrava esattamente una scelta assurda visti i tempi che corrono. E mi sapeva anche un po’ di censura preventiva se proprio vogliamo dirla tutta…

#Sanremoperforza, che riscontro hai avuto da questa operazione?

Guarda, il giorno della finale, sulla homepage della più importante agenzia di stampa italiana c’erano solo due notizie su Sanremo: ha vinto Arisa e Alessandro Errico 15/o big a Sanremo. Quindi direi che è andata bene no? Poi noi ci siamo divertiti un casino e credo anche chi ha seguito quello che pubblicavamo suisocial. Tra l’altro da questo punto di vista è stata anche un’operazione a suo modo innovativa perché, appunto, integrata sui vari social, ognuno col suo linguaggio specifico. A Roma Tre ad esempio, c’è un ricercatore che l’ha inserita in una “case hystory” che sta costruendo sui “fake” dalla “guerra dei mondi” di Orson Welles ad oggi. E la cosa non sai quanto piacere mi faccia! Anche perché all’inizio non era così scontato riuscisse, tutt’altro: i primi feedback erano disastrosi, ci credevano tutti! E nessuno coglieva il senso “situazionista” dell’operazione (anche perché forse oggi i situazionisti non se li ricordano in molti). Sta di fatto che per far capire che il gioco era “serio” (ma quale gioco non lo è?) ho dovuto cominciare a pubblicare roba inverosimile, tipo fotomontaggi di me a Sanremo col cappotto e tutti intorno a me in maglietta. E anche lì qualcuno m’ha chiesto se fossi un tipo freddoloso!

Degli artisti in gara all’Ariston hai apprezzato qualcuno particolarmente?

Senz’altro tra i giovani The Niro e Diodato che conosco personalmente e stimo moltissimo. Con The Niro ho diviso il palco a una Festa Europea della Musica qualche anno fa. Io ero in un progetto decisamente avanguardistico all’epoca, prodotto da Gianni Maroccolo e Riccardo Tesio (Marlene Kuntz), Davide l’avevo scoperto su MySpace e c’eravamo scambiati i complimenti già lì. Poi sentirlo cantare è stata una conferma, quella di un artista con una voce (e una scrittura) meravigliosa di cui ho preso tutti i dischi e che secondo me doveva solo trovare una sua cifra in italiano. Quindi grandi aspettative su di lui e devo dire anche una bella conferma perché su quel palco secondo me era assolutamente credibile. Diodato invece lo conosco perché frequentiamo entrambi l’Angelo Mai, una realtà straordinaria che, tra le altre cose, proprio in questi giorni sta subendo un vergognoso sequestro e un’accusa davvero infamante di associazione a delinquere. Fosse vero i “delinquenti” quindi saremmo noi. Poi mi chiedono perché il mio paese “ci” fa mobbing: ma quello, così come il Valle, è un posto che le istituzioni dovrebbero ringraziare ogni giorno perché supplisce alle loro lacune, altro che sequestro!

Torni sul mercato discografico dopo un po’ di assenza dal circuito. Com’è stata la tua vita in questi anni e come nasce questo nuovo progetto?

È stata una vita normale, la vita che volevo probabilmente. Diciamo che ho sperimentato sulla mia pelle cosa significa precarietà oggi, cosa significa avere 20/30 anni e vivere in un paese che invece di promuovere “il pieno sviluppo della persona umana” (come dice la Costituzione), a volte sembra il tuo primo nemico. In questi anni ovviamente non ho campato d’aria, questa canzone è figlia di un “normalissimo” licenziamento, un’esperienza che ormai è diventata una specie di virtù perché in fondo “flessibilità” vuol dire questo no? Accettare quasi col sorriso di passare da un lavoro a un altro come fosse normale. Pochi giorni dopo mi ritrovai a segnare sul mio quadernetto una piccola notizia che avevo trovato in fondo alla cronaca di un quotidiano. Si trattava del suicidio di un ragazzo come me che aveva perso il lavoro pochi giorni prima. Così ho continuato a segnare nomi e tragedie su quel quadernetto, quasi volessi esorcizzarli. Io non so se si può tecnicamente parlare di “genocidio” ma senz’altro non ci rendiamo bene conto di quanto drammatici siano veramente i tempi che viviamo. Per altro parlare di “crisi” è anche sbagliato perché proprio etimologicamente la “crisi” presuppone uno sbocco, rinascita o morte. Qui invece stiamo tutti diventando dei professionisti dell’equilibrio sul nulla. Così nasce questo progetto. Dalla vita e dalla sua musica intrinseca, quella che si scrive col sangue al posto dell’inchiostro insomma.

Facendo più di un passo indietro, tornando al boom della seconda parte degli anni 90, hai qualche rimpianto particolare?

E chi non ne ha? Poi però so anche bene che il gioco dei rimorsi e dei rimpianti è un gioco sterile. Nel bene o nel male, io sono la somma dei miei errori.

Dell’esperienza ad Amici quale ricordo custodisci con maggiore affetto?

Sicuramente la prima volta che ho cantato. Maria che mi chiama per sfottermi un po’, anche perché in 3 anni che ero lì non le avevo mai detto che suonavo in una band e cantavo da quando ero praticamente in fasce.Così, per la prima volta da quando sono in quel programma, prendo un microfono in mano e non mi trema la voce. Parte la base di “My way” e intorno a me, mentre canto, vedo sguardi stupiti e increduli. Poi mi chiama Costanzo dietro le quinte, convoca Maria e Alberto Silvestri e un anno dopo firmavo con la Sugar di Caterina Caselli. Sembra un po’ un film ma è andata esattamente così.

Cosa ne pensi della crisi dell’industria discografica? Meglio le major o le indipendenti?

Ma ha ancora senso questa distinzione? E poi esiste ancora un’industria discografica? Secondo me è rimasto un simulacro, cadaveri o fantasmi che tentano disperatamente di sopravvivere a se stessi. La discografia è morta ma per fortuna la musica è vivissima. Bisognerebbe solo capire come togliere il tappo che la sta affogando.

Quanto sono importanti, oggi, i social network e il web per la crescita di un artista?

Sono fondamentali. Che fa un musicista oggi? I CD? Va bene che viviamo in un’epoca in cui il passato, il “vintage” tira e fa moda, però pensa che tristezza, uno si fa un mazzo tanto per arrivare a produrre l’unico oggetto “vintage” che non comprerebbe nessuno, il CD. Ovviamente non può essere così, un musicista oggi è molto di più che un produttore di CD. È, dev’essere, un comunicatore, uno che si esprime che fa arte (e musica) a 360 gradi, uno che sa che scritta una canzone e uscito dallo studio di registrazione, in realtà non ha fatto ancora niente. Scherzando e ridendo io dico sempre che oggi potrei scrivere la X sinfonia di Beethoven (che ne ha scritte nove) e nessuno se ne accorgerebbe.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Non lo so. Personalmente ho smesso di fare progetti per il futuro da parecchio tempo. Intanto ora sono qui, e sono tornato. Fammi questa domanda tra un anno e vedremo. Magari ti parlerò di una nuova canzone, magari d’amore, per Sanremo. O magari avrò solo voglia di sparire di nuovo. In fondo è come il gioco dei rimpianti e dei rimorsi. A forza di pensare al prima e al dopo ci si scorda dell’adesso. E nel bene o nel male, è adesso che ci tocca vivere e provare a ricostruire una parvenza di futuro.

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Nato a Cassino, ai piedi della celebre abbazia, sono cresciuto con la passione per lo sport e per il giornalismo. Roma prima e Milano poi mi hanno accolto per farmi compiere il salto di qualità. Lavorare in tv e per la carta stampata non mi bastava più e allora dal pallino per la rete ecco nascere lospaccatv, megamusic e lamiaradio, tre magazine online di cui vado fiero...



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